Ed eccoci arrivati al 5 marzo.

E per te - caro Cita – sono 150 anni!

150 anni, non sono certo pochi. Quanto è cambiata la Imola in cui tu sei nato e cresciuto rispetto ad oggi. A pensarci sembra passato ancora più tempo. Leggendo però i tuoi scritti, della tua vita, delle tue esperienze, guardando le tante fotografie che hai scattato e conservato, c’è in tanti tuoi aspetti una freschezza, un guardare avanti al futuro con fiducia, una voglia di vivere che ti fanno sentire tanto vicino a noi.

Sei nato il 5 marzo 1873 in vicolo Giudei.

Mancavano pochi giorni al 10 marzo (primo anniversario della morte di Giuseppe Mazzini) e i tuoi genitori hanno dovuto un po’ mascherare che il nome di battesimo scelto per te – Giuseppe appunto – non fosse un omaggio al Giuseppe nazionale, visto che di cognome facevi Mazzini.

Lo era eccome un omaggio, ma tanto valeva non dirlo troppo in giro. Ci ha pensato poi tuo zio Antonio che da subito ti ha dato il nomignolo Cita. Il significato? Non lo hai mai saputo. Cita eri e Cita sei rimasto tutta la vita.

Tuo padre doveva essere un tipo particolare. Sicuramente di ampie vedute. "E’ matt de butir" – il matto del burro – lo chiamavano, perché vendeva burro e formaggio sotto al portico del Comune. Una famiglia lavoratrice la tua che proprio in vicolo Giudei gestiva anche un’osteria. L’orizzonte tuo e dei tuoi fratelli più grandi - Raffaele e Pietro – poteva restare la Imola di fine Ottocento, ma così non è stato, per nessuno dei tre.

Nel 1889, all’Esposizione internazionale che presentò per la prima volta al mondo la Tour Eiffel, tu c’eri, giovanetto, con tuo papà.

Parigi poi è diventata quasi una seconda casa.

A trasferirsi per primo tuo fratello Raffaele e poi Pietro. Tanti i soggiorni che hai fatto negli anni Novanta dell’Ottocento. Come nel 1893 quando ci sei stato diversi mesi dopo la maturità liceale. Il tuo taccuino di viaggio coi i tuoi racconti, i bellissimi disegni, le canzoni di Monsieur Bruant che ascoltavi (quello di Toulouse-Lautrec, proprio lui in persona) ci restituisce quella Parigi tanto narrata nei libri e nei film (prima o poi scopriranno anche la tua versione). Eri a Parigi anche nel 1899 - fresco di laurea in medicina - quando da là seguivi le fasi finali del processo a Dreyfus insieme a tuo fratello Pietro, giornalista, impegnato a Rennes, dove quel processo si stava svolgendo (Pietro ha scattato delle foto straordinarie, foto che tu hai conservato).

Quando eri a Imola in quell’ultimo decennio dell’Ottocento poi tu e i tuoi amici Audaci non vi facevate mancare nulla. Cene (e la cena vegetariana chi se la dimentica?), incontri, conferenze, gite (in bicicletta fino a Riccione) e anche il vostro giornale “Le sartine”. Tuo braccio destro - e amico dai tempi delle elementari - Luigi Orsini (anche lui quest’anno festeggia i 150 anni, ci pensiamo a novembre però). Dopo la laurea in medicina inizi subito a lavorare all’Ospedale civile di Imola e in Manicomio.

Nel 1904 arriva una svolta nella tua vita.

Raggiungi tuo fratello Raffaele a Santiago del Cile, dove nel frattempo si era trasferito con la sua famiglia, impiegato di una famiglia ricca e potente, i Subercaseaux (oggi gli eredi - i Concha Y Toro - sono la più importante casa vinicola dell'America Latina). Il 1° gennaio 1905 apri il tuo studio medico a Santiago. Anno nuovo, vita nuova, scrivi sul tuo taccuino.

A Santiago resti fino al 1911. Affronti in questi anni il terribile terremoto del 1906 e la perdita dell’amato fratello Raffaele. Rientri in Europa. A Imola ti fermi poco. Tanti affetti sono lontani. Vai a Parigi.

Nel 1912 ti imbarchi nuovamente per l’America, direzione Callao, Perù. Lavori alla Casa de Salud di Bellavista per diversi anni e studi la cultura precolombiana (porterai a Imola per la tua città tante testimonianze di quella civiltà scomparsa).

Rientri a Imola nel 1921 (e passi anche dal canale di Panama, scatti delle foto restando colpito da quello che riesce a fare l’opera dell’uomo). Chiamato a tenere conferenze ovunque, viaggi in tutta Italia e Europa.

Solo la guerra, “la guerra maledetta” alla fine ti ferma. Ma anche negli anni più difficili scrivi e pubblichi nel 1944 “Imola d’una volta”, un omaggio sincero alla Imola che tu avevi conosciuto e che già in quegli anni non esisteva più, raccontandoci di persone e luoghi scomparsi. Come Porta Montanara con le mura, oppure il bucato fatto nel Canale di fronte alla rocca e ancora l'aperitivo pomeridiano da Marondoli.

Sono questi gli anni in cui doni tanto alla Biblioteca, un luogo che hai molto amato.

Un ricco patrimonio, fatto di libri, documenti, carte, fotografie. Tutto riconoscibile grazie al tuo bellissimo ex libris in puro liberty.

Nel 1951 detti il tuo testamento, che prima di essere materiale, è soprattutto un testamento morale. “Mi assiste la convinzione e la speranza che la materia si trasformi in qualcosa di utile e di bello e che, quel che può avere emanato di interessante e di buono il mio intelletto, lo spirito mio vada a confondersi nell’etere cosmico e possa essere talvolta – a guida di onde sonore captate da qualche speciale apparecchio – essere percepito da qualcuno che sappia accogliere l’eco e interpretare qualche mia idea, pensiero e sentimento per accrescerne il suo personale patrimonio”.

Di patrimonio tu hai arricchito tanto il nostro, quello della tua città.

Buon compleanno Cita e - ancora una volta – grazie!