Il 22 giugno 1940 il direttore della Biblioteca comunale di Imola, Antonio Toschi, consegna al soprintendente bibliografico di Bologna, Domenico Fava, una cassa di legno costruita appositamente e al cui interno è collocato il materiale più prezioso conservato nell’istituto.

Da Imola la cassa raggiunge il luogo sicuro prestabilito in cui rimane per tutto il tempo di guerra.
Solo in un paio di documenti, per motivi di riservatezza, si legge il nome della destinazione: è la badia di S. Maria della Neve, nota come la badia di Torrechiara, a Langhirano in provincia di Parma.

Nella rinascimentale abbazia benedettina trova rifugio e riparo dai bombardamenti il patrimonio più prezioso conservato nelle biblioteche pubbliche del territorio bolognese, romagnolo e marchigiano afferente alla Soprintendenza bibliografica di Bologna. Nella cassa di Imola restano chiusi per 5 lunghi anni le 51 opere letterarie, religiose, filosofiche e storiche che il direttore Toschi aveva selezionato per essere portate in salvo lontano dalla città. Si tratta di manoscritti arricchiti anche da miniature e decorazioni in oro, di incunaboli, ossia i libri della seconda metà del Quattrocento, il periodo più antico dall’invenzione della stampa, e di alcune opere dei secoli successivi realizzate su materiali pregiati come la pergamena e la seta.
Il 24 luglio 1945 la cassa contenente il materiale di maggiore pregio della nostra biblioteca ritorna finalmente a casa.