"Sono imbarazzata a scriverti perché debbo transigere colla mia coscienza dandoti un resoconto dettagliato della mia vita. Non volevo parlarti di me, non perché io senta la necessità di nasconderti alcuna cosa, ma perché mi ripugna di subire una tutela continua, e non sento l'obbligo di render conto delle mie azioni quando i diritti reciproci determinati dall'affetto non esistono più.

Ma tu a quanto pare sei preoccupato dell'eterno qu'en dira-t' on [che cosa si dirà?], e non ho alcuna difficoltà a tranquillizzarti, assicurandoti, che mentre la mia dignità mi preoccupa assai di osservarla, la dignità tua non è, non sarà lesa da nessun atto della mia vita.

Mi meraviglio che tu mi accusi di nuovo, senza fondamenti, di ipocrisia, tu che sai per tua esperienza quanto sia facile accusare ingiustamente basandosi su qualche semplice apparenza.

[...]

La mia vita si passa infatti parte in casa e parte agli ospedali, dove ebbi finora le più cordiali accoglienze, mentre la mia salute migliora e la Ninuccia si trova in ottime condizioni, amata e carezzata da tutti, ha la compagnia di altri bambini e vive quasi tutto il giorno in giardino.

Qui vivo come vivevo dappertutto cioè come Kuliscioff; a Napoli non fui già io che feci credere che Costa fosse mio marito, anzi dappertutto facevo capire che non lo sono e gli studenti perfino mi chiamarono sempre la signora Kuliscioff.

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Tu parli di ipocrisie e dignità minacciate, io mi domando se sarebbe meno ipocrita o più dignitoso di continuare dinanzi agli altri le apparenze della nostra unione che in realtà non esiste più. È certo che non mi sarà possibile di regolare ogni mio passo secondo i tuoi desideri, dovrei allora rinunciare alla mia libertà, simulare una soggezione che non è umiliante soltanto quando è reciproca e determinata dall'intensità dell'affetto.

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Né io, né te abbiamo colpa di quello che è stato conseguenza dei nostri temperamenti e delle condizioni in cui vivevamo.

[...]

Se il tuo desiderio, che sarebbe meglio di esser morti l'uno per l'altro, non è realizzabile per quella parte di legame che mantiene fra noi la bambina, credo che possiamo almeno soddisfare a quel diritto di libertà individuale ed a quel bisogno di sincerità che è nelle nostre idee e nei nostri sentimenti".

Questa lettera - che potrebbe portare la data di oggi - è scritta da Anna Kuliscioff ad Andrea Costa nel 1885.

Buon 8 marzo Anna.

La tua lucidità, il tuo coraggio, la tua profonda consapevolezza del ruolo che deve avere la donna nella società, libera dal monopolio dell'uomo, sono ancora oggi fonti di grande ispirazione.

Buon 8 marzo a tutte le donne.