Il reclutamento forzato della manodopera italiana da parte dell’esercito tedesco, con la complicità della Repubblica sociale italiana, comincia dopo l’8 settembre 1943 allo scopo di sostituire i lavoratori tedeschi destinati ai fronti di guerra.

I militari dell’esercito italiano sono i primi ad essere arrestati e portati nei campi di internamento gestiti dall’esercito tedesco. La deportazione di civili si inasprisce dall’estate 1944, quando le forze armate naziste emanano l’ordine di rastrellamento dell’intera popolazione maschile adulta, non più in età di leva, residente sull’Appennino tosco-emiliano per essere impiegata in Italia o nel territorio del Reich.

Le operazioni di rastrellamento hanno anche lo scopo di indebolire protezioni e appoggi dati dagli abitanti del territorio alla resistenza.

La deportazione politica colpisce persone attive nella lotta contro gli occupanti tedeschi: antifascisti, partigiani, scioperanti, fiancheggiatori della resistenza.

I deportati politici vengono rinchiusi nelle carceri della Rocca di Imola e poi a Bologna nelle prigioni di S. Giovanni in Monte; trasferiti nei campi di smistamento (Fossoli e Bolzano) sono trasportati nei lager d’oltralpe gestiti dalle SS, come Mauthausen, Dachau, Ravensbrück.



Categoria

Deportati dai comuni del circondario imolese

Luogo di detenzione

Internati militari italiani (Imi)

Circa 1200 di cui 119 deceduti

Stalag (Stammlager): campi di internamento riservati ai soldati gestiti dall'esercito tedesco

Lavoratori coatti

Circa 220 di cui 17 deceduti

Campi di internamento o edifici appositi gestiti dalle industrie che usufruiscono della manodopera coatta

Deportati politici

29 di cui 16 deceduti

KL (Konzentrationslager): campi gestiti dalle SS; lo scopo è la morte tramite lo sfruttamento, l’inedia e la violenza



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