Dagli ospedali da campo e dalle retrovie i soldati vengono trasferiti nei manicomi imolesi solo se “pericolosi per sé e per gli altri”, rispettando così i criteri della legge che dal 1904 regola l’internamento in manicomio (legge n. 36 del 14 febbraio 1904, Disposizioni sui manicomi e sugli alienati).

Ma quando un soldato viene considerato pericoloso per sé o per gli altri? Le cartelle cliniche parlano di un generico atteggiamento aggressivo, ma anche di minacce con armi verso compagni o superiori, di una pericolosità che mette a rischio l’incolumità degli altri e persino la propria. Sono questi i casi in cui i soldati non parlano, si rifiutano di mangiare, restano chiusi in un loro mondo, rendendosi a volte pericolosi anche per sé.

In generale e al di là della pericolosità, i militari che arrivano in manicomio presentano quasi tutti le stesse caratteristiche: risultano affetti da afasia o “mutacismo”, non rispondono agli stimoli esterni, sono in preda a terrore e spavento o sono vittime di allucinazioni visive e uditive (vedono nemici e cannoni, sentono i fischi dei proiettili), oppure, immobili nel loro stupore, “non possono volere più niente”. Tra i più gravi i catatonici: rimangono fermi per ore in atteggiamenti statuari, a occhi chiusi, assorti in se stessi, quando non danno luogo a violente crisi di agitazione.


Ercole Drei, Soldato ferito. 1918

Ercole Drei, Soldato ferito. 1918. Carboncino su carta avorio
Fondazione della Cassa di Risparmio di Imola.

Collezioni d’arte

Modulo di ammissione al Manicomio di Imola. Legge 1904

Dalla cartella clinica di Virginia A.

Bim, Archivio Manicomio Osservanza

Sopravvissuto alle granate invoca la Madonna

Sopravvissuto alle granate invoca la Madonna. G. R. Virgani Berto 24.10.1918. Tempera su tavola con cornice.

Collezione Carlo Parenti

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