Eugenia Codronchi Argeli
Imola 15 aprile 1865 - Castel San Pietro Terme 2 giugno 1934
Di antica e nobile famiglia imolese, figlia del senatore Giovanni, prefetto a Napoli e a Milano, commissario civile per la Sicilia e ministro della Pubblica istruzione, Eugenia Codronchi Argeli riceve un’istruzione vasta e completa, linguistica, letteraria, filosofica e musicale. È giornalista brillante e prolifica, e con lo pseudonimo letterario di Sfinge, pubblica romanzi, raccolte di novelle, opere teatrali, monografie su personaggi celebri; nei suoi scritti si rivela maestra nell’analisi della società contadina romagnola come dell’alta società. Nella sua cospicua produzione letteraria spiccano le novelle, spesso legate alla descrizione dell’ambiente e della terra di Romagna, i romanzi, di impronta autobiografica e maggiormente aristocratica e gli scritti di identità femminile che la collocano tra le figure più significative del panorama letterario femminile dell’inizio del Novecento. Non interessata allo sperimentalismo letterario, Sfinge preferisce un modernismo di matrice più cautamente italiana, quasi pirandelliano: nella sua scrittura è frequente il riscontro delle ambiguità e degli atteggiamenti cautamente trasgressivi e ribelli tipici della sua epoca.
Alterna lunghi viaggi a soggiorni oltre che a Imola, a Bologna, a Palermo, a Napoli, per ampi periodi a Milano e a Roma. Frequenta i più noti circoli letterari del tempo, e ha occasione di conoscere e frequentare letterati tra cui Giosuè Carducci e Giovanni Pascoli, artisti e musicisti.
Negli ultimi anni della sua vita si ritira nella villa di famiglia a Coccapane, presso Castel San Pietro Terme, dove vive con l'amica Bianca Belinzaghi, scrittrice milanese conosciuta negli ambienti artistici e letterari con lo pseudonimo di Guido da San Giuliano.
Alla sua morte Eugenia Codronchi Argeli lascia per legato testamentario alla Biblioteca comunale di Imola la sua biblioteca, l'archivio di famiglia, le medaglie e le decorazioni, i ritratti e i cimeli storici dell'eredità paterna, vincolando la consegna alla morte delle sue due eredi: la sorella Eleonora e l'amica Bianca Belinzaghi.
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