Il codice (ms. 77), probabilmente realizzato a Toledo, rappresenta un bell’esempio di arte iberica del XV secolo. Alla sua decorazione si alternarono artisti differenti. Giunse in Italia portato da ebrei espulsi dalla Spagna nel 1492. La storia del manoscritto, attestato in biblioteca almeno dal 1798, è documentata da una serie molto ampia di note presenti sul codice che vanno dal 1493 (primo atto di vendita della Bibbia a Napoli) al 1760 (ultime annotazioni della famiglia Da Fano che conservò il codice per circa 200 anni). La legatura della Bibbia, molto antica, costituisce un elemento d’importanza decisiva per la sua datazione: essa, infatti, è identica alla legatura della Bibbia copiata a Toledo nel 1481, portata in Italia da un esule nel 1492 e ora conservata presso la Biblioteca Universitaria di Genova. Anche le decorazioni di queste due Bibbie presentano delle somiglianze. Nel codice di Imola esse devono essere attribuite ad artisti diversi. Un primo miniatore, che decora gli incipit dei cinque libri della Torah, mostra un certo gusto per le decorazioni marginali fantastiche e per gli splendidi bordi fioriti a colori accesi, animati da uccelli, animali, putti, giullari, centauri. È un gusto quattrocentesco molto raffinato che lascia trasparire influenze fiamminghe. Il grande candelabro a sette bracci della c. 337v e gli altari del sacrificio della c. 338r richiamano il gusto e gli stilemi tipici dell’arte spagnola, un altro miniatore invece ha decorato in vivaci colori e oro le incorniciature a bifora delle pagine iniziali e finali, caratterizzate da un gusto rinascimentale.


Legatura del codice

Incipit miniato di Genesi

c. 13v

La Menorah e l'altare del sacrificio

cc. 337v-338r


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